Ci risiamo, anche stavolta il “sistema” sforna novità a tutto vantaggio delle casse comunali, che paiono rimpinguarsi a vista d’occhio.
Stavolta nel mirino sono finite le multe degli automobilisti colpevoli di questo o quell’altro sgarro al codice stradale: dalla sosta in zona vietata, al superamento dei limiti di velocità rilevati dall’autovelox, dal transito con il semaforo rosso alla guida senza cintura di sicurezza. Qualunque sia la causa della sanzione pecuniaria, l’automobilista dovrà sbrigarsi nel caso voglia fare ricorso, poiché i termini si sono ridotti da sessanta a trenta giorni.
Il dimezzamento della tempistica è partito dal sette ottobre ed è legato al decreto legislativo n.150 del 1 settembre, che ora è entrato in vigore, ma che non riguarda solo i tempi tecnici di ricorso al giudice di pace per tentare di annullare il verbale effettuato da carabinieri e vigili urbani sulla strada, interessa anche il rito del lavoro (sommario di cognizione e ordinario).
La facoltà di opporsi alle multe al codice stradale passa per tutti a trenta giorni, ma rimane a sessanta giorni nel caso in cui il presunto colpevole abbia residenza in uno stato estero, oppure qualora la sanzione sia stata accertata prima del sette ottobre, anche se la notifica sia stata inviata dopo tale data.
Questa novità non è naturalmente passata inosservata agli occhi del Codacons, l’associazione dei consumatori, che polemicamente afferma che tale provvedimento rappresenta l’ennesimo colpo di mano nei confronti degli automobilisti.
Già in passato, per impugnare una multa l’iter era gravoso ed impegnativo, al punto che molti “innocenti” rinunciavano e pagavano l’ingiusta sanzione pecuniaria. Districarsi tra i vigili urbani con le loro complicate documentazioni, le foto dell’autovelox e tutto ciò che ne conseguiva (e ne consegue) era difficile prima, potendo disporre di due mesi di tempo, figuriamoci ora che i tempi si sono dimezzati! Il vantaggio è sempre per il sistema, c’è poco da discutere.